lunedì 30 giugno 2014

COSA VUOLE THE LEFTOVERS?

Nel nuovo show di Damon Lindelof per HBO scritto insieme a Tom Perrotta (che è autore anche del romanzo a cui lo show è ispirato), il 2% della popolazione scompare misteriosamente e, dopo tre anni, la gente di una piccola comunità americana sta ancora elaborando il lutto. Se la cosa può sembrare un po' strana, un paio di esposizioni ci informano che: in primo luogo, se non ci avete pensato, il 2% della popolazione mondiale corrisponde circa a una persona ogni cinquanta, cosa che fa più impressione del dato generico; in secondo luogo, che l'evento è stato talmente mistico che persino il Papa (Benedetto) e Gary Busey sono scomparsi. Fate 1+1 e viene fuori che il cataclisma, da molti chiamato con il termine biblico "Rapimento", è l'inizio di svariate cose: lutti inconciliabili con la vita, animali (e adolescenti, c'è differenza?) irrequieti, sette segrete con guru dall'accento inglese (no, non Joe Carroll), comunità di fumatori silenziosi, e così via. Morale: a tre anni di distanza, qualcosa che potremmo chiamare il crollo-delle-Twin-Towers-senza-terroristi affligge ancora i buoni vecchi U.S. of A., ma stavolta non c'è nessuno da biasimare e nessuno da invadere.

mercoledì 25 giugno 2014

I QUATTRO ARTICOLI CHE HO SCRITTO, CHE AVREI SCRITTO, CHE HO PROCRASTINATO, CHE HO SCRITTO TROPPO A LUNGO ECC., IN SINTESI

1) Sulla bellezza di Louie

Louis C.K. è il più grande ironista vivente e l'ultima stagione di Louie è una rivoluzione magnifica della commedia. Se qualcuno facesse lo sforzo di analizzare Louie come Mad Men, si troverebbe a costruire una mappa di minuziosi disfacimenti e geniali reinvenzioni, corsi e ricorsi narrativi. Louie è un un dramma, un horror, un thriller, un film apocalittico, un film muto. Su Slate, Willa Paskin ha scritto che non c'è nulla di originale in questa stagione di Louie e in un certo senso, diverso da quello che intende Paskin, può essere vero: non c'è nulla di originale nella vita o nell'umanità, l'originalità sta nel saperle raccontare. Louie è poesia lirica visuale, è un gesto di autoerotismo e al contempo la sua destrutturazione. E' un saggio di autopercezione, ci mostra come funziona la mente e perché funziona anche quando funziona male o non funziona. E chi pensa che Louis C.K. sia talvolta troppo didascalico, forse dimentica che l'invenzione dell'umanità è una lezione che non si smette mai d'imparare.