domenica 10 novembre 2013

TV: 2013

Una lista del meglio della TV nel 2013

Della straordinaria (mezza) stagione finale di Breaking Bad parlo qui. The Good Wife è sempre “a tempo”, se non l'unico show che non perde un battito d'orologio; è uno show che può parlare di guerra, droni, tecnologia, stupro, corruzione, senza mai cadere nella banalità o esegerare nelle semplificazioni: ironico e intelligente, pieno di grandi attori e attualmente imperdibile. Top of the Lake, la miniserie di Jane Campion, gira intorno alla fuga di una adolescente e costruisce una delle più intense riflessioni sul maschile e femminile


La seconda (e purtroppo ultima) stagione di Enlightened, la metafora new age del cinismo contemporaneo scritta e interpretata da Laura Dern e Mike White, è superba, non meno della prima. E’ narrazione ironica e omeopatica, un'illuminazione sull'ambivalenza di ogni illuminazione. Ne avevo già parlato, più ampiamente, qui. Les Revenants è tutt'altra cosa: i morti francesi tornano in vita e scopriamo che intaccano i vivi in maniera molto più profonda dei caracollanti zombie americani. Grande finezza psicologica e grande cinematografia.


Mad Men ha sfornato probabilmente la sua peggiore stagione, imperniata sul concetto di doppio e fortemente autoreferenziale, una necessaria (o forse no) strettoia per accedere all'ultima tranche che sarà divisa in due mini stagioni come è accaduto a Breaking Bad.

Il comeback televisivo della Gran Bretagna è una dimostrazione inconfutabile del teorema del thriller. E’ vero che The Fall ha un finale leggermente sottotono (ma una seconda stagione in arrivo) e che Broadchurch ha qualche passaggio a vuoto in corso di narrazione, ma entrambi portano a casa tensione narrativa e personaggi memorabili, l'uno raccontando una caccia al serial killer dal punto di vista sia degli inseguitori sia dell'inseguito, l'altro sfruttando pienamente il paradigma “Twin Peaks” dell'omicidio in una piccola comunità. Jamie Dornan, Gillian Anderson (The Fall) e David Tennant (Broadchurch) stratosferici.

Nonostante la comune idea che Sons of Anarchy sfrutti la violenza a fini spettacolari, è vero qualcosa di molto diverso: lo spettacolo della violenza è una componente inscindibile dalla violenza. E Sutter continua a raccontare con passione e precisione il legame fra violenza e spettacolo della violenza, e gli effetti di quella sui suoi attori e sulle sue comparse.

Con la terza stagione il dramma politico Borgen chiude. Non raggiunge i picchi delle precedenti ma riesce a concludere solidamente la storia di Birgitte Nyborg e a darci un altro interessante spaccato della politica danese. Rectify è la cosa più lenta in televisione. Parla del reintegro nella comunità di uno stupratore e assassino (o presunto tale) dopo anni di prigione. Non succede niente ma è un non succedere che ha grazia e poesia.

L'australiano Rake è un mix fra The Good Wife e il meglio di Californication. Il protagonista è un avvocato che ama fin troppo le donne e il gioco. I casi che accetta sono estremi e riguardano più questioni etiche che legali. Divertente e intelligente.

House of Cards è un dramma con Kevin Spacey prodotto da David Fincher e remake di un (migliore) dramma inglese. Soprattutto, è il dramma che segna l'ingresso di Netflix nella corsa agli scripted show. Tutto funziona bene (anche grazie al budget stratosferico) ma manca un po’ d'anima. Scandal, invece, di anima ne ha fin troppa e ogni tanto la mette di fronte alle storie. Rimane un fuoco d'artificio “en abyme” che non sai mai quanti fuochi d'artificio contenga.

Luther è un altro show che chiude i battenti quest'anno e lo fa con stile: Idris Elba sovrasta tutto e tutti in un intreccio, al solito, ai limiti del surreale. In questo caso non tradire se stessi è la scelta giusta. Orange is the New Black è uno dei migliori esordi dell'anno: una dark comedy su una WASP (Piper Chapman) che finisce in un carcere femminile. Poi scopri che la cosa più bella sono tutte le piccole storie delle donne che Piper incontra. Ironico e delicato.

Person of Interest è uno show che migliora di stagione in stagione. Come The Good Wife capisce la tecnologia. E, guardandosi intorno, bisogna ammettere che è l'unico ad avanzare domande filosofiche pertinenti sull'argomento.

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