mercoledì 23 dicembre 2015

I MIGLIORI EPISODI DEL 2015

Una lista dei migliori episodi dell'anno.



THIS IS ALL WE ARE (THE KNICK)

L'auto-operazione di Thackery è una performance concettuale — un intervento durante il quale nessuno può intervenire, — una di body art e un esperimento radicale in cui il corpo si eleva, raggiunge l'astrazione e, improvvisamente, torna corpo. Questo è tutto ciò che siamo, viscere, macchina, ed è come una resa della vitalità alle funzioni vitali... E' una scena che può essere quello che volete, che oscilla dall'intimità di una metafora che ci tocca personalmente alla vastità di un'allegoria. E' un gioco di specchi come quello in The Lady From Shanghai di Orson Welles, anche se qui c'è solo uno specchio, o forse due se teniamo conto della cinepresa.

In tutto l'episodio c'è una resa incondizionata all'assenza di Dio — che è poi l'assenza dell'anima o, forse, l'assenza del bene? — a un materialismo disperato il cui culmine è la scena della confessione di Tom Cleary. La cinepresa indugia in una chiesa sempre più vuota a ogni successiva inquadratura, come a dire che tutto ciò che una chiesa è, è panche, vetri cattedrale, pulpiti, icone, navate, ceri che si consumano... E il romanticismo perverso di Tom, che non ha nulla da invidiare alle tossicodipendenze degli altri personaggi, è altrettanto eroico e disgustoso nel tentativo, riuscito, di sconfiggere la solitudine — cioè la noia — per raggiungere il godimento.

The Knick è una storia di molte vittorie al prezzo di una sconfitta comune molto più grande. E quando viene finalmente a fuoco ciò che per tutto il tempo era rimasto fuori fuoco nella visione periferica dei personaggi, questo è tutto ciò che siamo: niente.


THE ROAD PART I e II (LOUIE)

Per riuscire, un film biografico deve riuscire o fallire, non può fermarsi a metà. Per questo The End of the Tour, il recente film su David Foster Wallace, fallisce: è artefatto, nel senso che non è né arte né fatto. Invece The Road, che potrebbe essere o no un episodio biografico, riesce a essere entrambi e riesce anche a raccontare quello che, forse, avrebbe voluto raccontare il film con Jason Segel: il confronto fra due creatività che operano a livelli incompatibili. The End of the Tour finisce per essere una riflessione buonista sul rapporto tra celebrità e identità, fra l'altro annacquata, come molte interviste, dall'ego dell'intervistatore; The Road affronta gli stessi temi e molto altro con onestà intellettuale cristallina: snuda il genio artistico e lo scatena dimostrando che si può anche scrivere di merda, letteralmente, su una scala sublime.


NO ROOM AT THE INN (THE LEFTOVERS)

Se il mondo è completamente assurdo non puoi credere in nulla o credere a tutto. Per questo il nichilismo di Meg scende a valanga su Miracle: è l'ultimo posto dove puoi credere in qualcosa che non sia qualsiasi cosa.

No Room at the Inn è, in pratica, un episodio di Lost scritto da Lindelof dieci anni fa (Man of Science, Man of Faith), solo che è molto meglio. Come Man of Science, Man of Faith, No Room at the Inn inizia con la routine quotidiana di uno dei personaggi, Matt, e già che c'è inizia un altro paio di volte: anche a Jarden la vita può essere prosaica, soprattutto se devi prenderti cura di una moglie catatonica e il tuo film preferito è te stesso che dormi. Come in Man of Science, Man of Faith, il centro nevralgico di No Room at the Inn è il conflitto tra un uomo di fede, Matt, e uno scettico, John Murphy, un uomo che ha vissuto un assurdo personale che non viene mai raccontato esplicitamente ma di cui c'è traccia ovunque.

John Murphy, come Patti in International Assassin, è il ritratto di un essere umano traumatizzato ma il suo nichilismo è molto diverso da quello di Patti, Meg o dei Guilty Remnant: è una sorta di rasoio di Occam per cui qualsiasi cosa può essere spiegata, semplicemente, con la peggiore delle ipotesi. Matt, al contrario, crede ancora nei miracoli, come il risveglio e la gravidanza di Mary, anche se nella cosa c'è in effetti molto di inspiegabile ma nulla di miracoloso (vedi Oliver Sacks).

La differenza fra Matt e John, come quella fra Locke e Jack, è fra chi è capace di colmare le cose di significati e chi i significati li succhia dalle cose riducendole a molto, molto meno di quel che sono. Il dialogo in cui John dice a Matt cosa dire a proposito della gravidanza di Mary è un esempio del conflitto fra questi due atteggiamenti. E in quel dialogo, a John chiaramente non importa che sia scientificamente o umanamente possibile quello che è accaduto perché qualsiasi speranza che possa accadere qualcosa di bello, anche la più piccola, metterebbe a rischio la coerenza del suo assurdo universo personale.

Come se questo non bastasse, No Room at the Inn è un'esplorazione del mondo intorno a Jarden, cioè del villaggio dei profughi spirituali — gli esclusi — accampati intorno alla città. Qui regna un altro genere di assurdo, rappresentato benissimo dalla scena in cui Matt, che ha bisogno di soldi per rientrare a Jarden, viene pagato per battere a sangue un tizio qualsiasi. Potrebbe essere lo stesso assurdo, che so, di una scena di Game of Thrones, e potrebbe essere che tutto quello che accade nell'accampamento non sia altro che l'insignificante apoteosi dell'intrattenimento. Forse è per questo che Matt alla fine decide di prendere posto alla gogna: è l'unico modo per riempirla di significati.


THE WRATH OF THE LAMB (HANNIBAL)

Il finale di Hannibal ha una natura sfuggente, probabilmente perché può anche funzionare come un finale di serie anche se è principalmente un finale di stagione. Eppure è proprio questa natura che lo rende un grande finale di serie. Uno a uno i personaggi escono di scena arrendendosi alla necessità della storia, che è la necessità che Hannibal sopravviva, che la sua storia non finisca, ma anche la necessità inerente a Hannibal, il quale è sia l'oggetto perverso della fantasia romantica di tutti i personaggi sia l'incarnazione della libertà e appetito assoluti del male. Nessuna di queste due cose può essere mai raggiunta. Will lo sa e, dopo aver dominato il drago insieme al suo amore impossibile, si getta da un promontorio trascinando anche Hannibal nella scena più hitchcockiana della serie. Quello che rimane è una mancanza incarnata alla perfezione dal personaggio di Bedelia nell'ultima scena dell'episodio: Hannibal potrebbe essere o non essere il convitato a cena, e la possibilità che non lo sia è quella più attraente e terrificante.


PERSON TO PERSON (MAD MEN)

Dalle Lucky Strike alla Coca Cola. Il finale di Mad Men è uno dei più belli della storia della TV. La mia recensione la trovate qui.

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