venerdì 26 ottobre 2012

LA TV DEL FUTURO (II): TV INTERPASSIVA

La prima evoluzione della TV narco-ipnotica è TV narco-ipnotica brandizzata (cioè offerta interpassiva dedicata), lo stadio finale della TV narco-ipnotica è l'attuale biotelevisione, un complesso sistema ecologico inter-attivo-passivo che non ha ancora raggiunto la sua compiutezza, cioè una televisione nella quale l'interpassività non è più uno standard ma solo una delle possibili offerte.

Ma come si è passati da un sistema interpassivo a un sistema parzialmente interattivo? Quali sono esattamente le caratteristiche della TV interpassiva?

M.A.S.H. è il primo esempio di compromesso con l'interpassività.



a) La TV interpassiva è in conflitto con se stessa

Il conflitto fra creativi e corporativi rappresentato in Mad Men è, fra le altre cose, una eccellente analogia dei conflitti fra network e showrunner, un'estensione dei classici conflitti fra produttori e autori nel cinema. L'esempio più interessante di questo conflitto lo troviamo alle origini della scripted television contemporanea, cioè in M.A.S.H., la serie TV ispirata al film omonimo di Robert Altman. Gelbart e Reynolds (gli showrunner) chiesero alla CBS il permesso di non usare le canned laughs ma CBS si rifiutò, e alla fine si raggiunse un compromesso eliminando le canned laughs solo dalle scene in sala operatoria. Questo storico "patto" è il modello di qualcosa che si ripete ogni volta che viene prodotto un nuovo show: gli autori — che già un po' si autocensurano, soprattutto quando hanno a che fare con i broadcast network — vorrebbero essere liberi di fare quello che vogliono; i network impongono le loro regole, diciamo così, commerciali (anche in questo caso ci viene in aiuto la riflessione straordinaria di Mad Men: le regole dei network servono più per vendere spazi pubblicitari agli inserzionisti o per intrattenere meglio il pubblico?).

Ciò significa che gli autori televisivi sono spesso interessati a essere autori di testi primari scrivibili o producibili (cioè di opere che non solo offrono la possibilità di essere interpretate e interagite ma la richiedono) mentre i network vorrebbero solo testi leggibili (opere interpretabili univocamente).


b) La TV interpassiva è interpassiva ovunque?

"Il medium fa il messaggio" è un'affermazione che vale a maggior ragione per i contenuti interpassivi di qualsiasi medium. I contenuti interpassivi sono interpassivi ovunque e, probabilmente, sono il veicolo ideale del messaggio del mezzo. Però, ciò di cui va tenuto conto è che media estremamente interattivi (come il computer o l'iPad per esempio) ospitano spesso tali contenuti loro malgrado, e non è un caso che chi usa questi media per fruire dei contenuti televisivi abbia (o potrebbe avere) gusti assai diversi rispetto a chi fruisce degli stessi attraverso la televisione. Ovviamente un computer o un iPad possono essere anche usati come fossero un apparecchio televisivo, tuttavia è possibile che chi favorisce un determinato medium vada alla ricerca di determinate esperienze (nel caso di Internet interattive) che si riflettono poi sui suoi gusti televisivi e dunque sul tipo di contenuti di cui vorrebbe fruire.


c) La TV interpassiva è un sistema prevedibile

Per quanto sia sempre difficile prevedere quale nuovo show toccherà le corde del pubblico, una volta che gli ascolti sono stabilizzati (ormai dopo 3-4 episodi), è praticamente impossibile sbagliare una profezia sul destino di un particolare show. Proprio ieri (20 Ottobre) i critici televisivi @Memles (Myles McNutt) e @TVbytheNumbers (Bill Gorman, Robert Seidman) hanno avuto una lunga discussione su questo argomento, con McNutt che ha criticato la rapidità e la sicumera con la quale TbtN sciorina previsioni sul fato degli show e TbtN che ha semplicemente risposto facendo notare a McNutt la precisione di tali previsioni:


La cosa interessante (al di là della polemica fra McNutt e TbtN che è comunque interessante ma riguarda la possibilità o meno di discutere di rating) è che un sistema prevedibile è il sogno corporativo della televisione e che, soprattutto, è un sogno realizzato. Come dice Cory Barker nell'articolo che ho citato all'inizio, è sicuramente vero che i network non decidono di cancellare uno show solo sulla base dei rating ma Barker sottovaluta il fatto che i rating sono già il risultato naturale della sinergia di differenti fattori e, in particolare, sottovaluta che determinati rating rappresentano il punto di collasso di uno show, cioè che se toccano certi minimi significa che anche tutto il resto va male.

E' per questo che dai rating, dalla relazione fra rating, dalla relazione fra rating attuali e rating del passato è possibile prevedere con un bassissimo margine di errore se uno show verrà o meno cancellato.

Perché questo sia il sogno corporativo della televisione è evidente: un sistema razionale e meccanico consente ai network di fare scelte economicamente più remuneranti.

Quello che ciò significa dal nostro punto di vista di "filosofi della televisione" è che la televisione è alla fine della sua Storia, che viviamo alla fine della Storia della televisione (che non è la fine della televisione ma il suo compimento come medium), in un luogo dove i network (soprattutto i broadcast) vorrebbero rimanere in eterno.


d) Il DVR non è più solo un sistema interpassivo

I moderni DVR sono macchine per l'ubiquità differita.

Come giustamente nota Zizek, la videoregistrazione è un tipico sistema interpassivo perché i videoregistratori guardano la TV al posto nostro. Zizek fa l'esempio della sua personale bulimia, che consiste nel registrare centinaia di film che poi magari non vedrà. Noi potremmo fare l'esempio del download di innumerevoli show che poi magari non abbiamo neanche il tempo di guardare, oppure potremmo ricordare che i contemporanei DVR sono iper-bulimici e possono registrare fino a cinque programmi contemporaneamente. Col fatto però che la proliferazione dei media ha aumentato radicalmente i nostri accessi e cambiato la nostra disposizione del tempo, il DVR è tornato ad essere uno strumento per la differita che ci permette non solo di guardare un particolare show quando il tempo ce l'abbiamo ma anche quando preferiamo farlo, quando siamo nel mood o in quello slot della nostra giornata che è dedicato a quel particolare show. La televisione Live, a parte per gli eventi Live o gli show-Evento (come fu Lost e ora è The Walking Dead), è un fenomeno probabilmente destinato a scomparire: il DVR quest'anno è il primo network (guardate gli incrementi).


e) Un po' di numeri

In un interessante articolo su Business Insider, Henry Blodget sostiene che il destino della pubblicità in TV nei prossimi dieci anni sarà lo stesso patito dalla pubblicità sui giornali cartacei nello scorso decennio (da 70 miliardi di dollari nel 2000 a 20 miliardi nel 2010). Blodget sostiene la sua tesi esaltando alcuni "dati di fatto" che ho messo fra virgolette perché sono dati di fatto nel senso del buon senso, supportati da dati statistici che, per ora, indicano solo un blando trend: non guardiamo più la televisione Live, non guardiamo più la pubblicità in televisione, usiamo svariati media, ecc., insomma ciò che stavo dicendo poco fa. In più, Bludget nota due cose: a) non ci interessa più quale particolare network trasmette un particolare show; b) i nostri soldi investiti nella programmazione dei cable network sono perlopiù sprecati perché, quando sottoscriviamo un cable channel o una pay tv, guardiamo programmi equivalenti solo a una percentuale minima dei nostri soldi.

Via Business Insider.

In un articolo su Huffington Post, Evan Shapiro nota che se gli spettatori televisivi sono relativamente diminuiti, gli spettatori televisivi totali sono persino aumentati: semplicemente, guardano la televisione attraverso media diversi dalla televisione (i network tranne NBC quest'anno hanno perso il 20% di rating Live). Soprattutto, Shapiro pone l'accento sul fatto che è vero che la televisione è al suo apice ma questo non significa che improvvisamente non collasserà. Come una persona che ha appena scoperto di avere un cancro, adesso manifesta ancora un perfetto stato di salute ma la fine può essere più vicina di quel che sembra.

*

Dopo l'exploit di The Walking Dead della settimana scorsa (11 milioni di spettatori Live, 15 milioni* Live + Same Day, cioè con le repliche), in molti hanno notato una cosa ben sintetizzata da Giovanni Di Giambernardino su Serialmente: gli 11 milioni che hanno visto TWD Live sono spettatori diversi da quelli che guardano i broadcast network (il cui totale di spettatori è rimasto in sostanza invariato). Non è interessante da dove provengono (da altri cable, dalla riserva di AMC, sono adolescenti che invece di uscire sono andati da mamma e papà a guardare i morti viventi?) ma che se non ci fosse stato The Walking Dead in onda è probabile che la maggior parte di questi spettatori avrebbe fatto qualcosa di diverso dal guardare la televisione.

* Questa settimana, TWD Live + SD ha totalizzato 14 milioni.

Credo sia scontato il fatto che mi trovi più o meno d'accordo con Blodget e Shapiro, cioè con l'idea che la televisione è alla sua fine. Nelle righe che seguono, tuttavia, vorrei analizzare la cosa dal punto di vista dei contenuti e di chi ne fruisce perché credo che il problema più grande della televisione del futuro (intesa, dice bene Shapiro, come "esperienza") sarà la produzione di contenuti e la relazione con il pubblico destinato a fruire di tali contenuti. Penso che adottare un nuovo modello di business sarà una questione, anche se dolorosa, abbastanza semplice. Si procederà per prove e errori finché qualcuno non farà bingo e tutti lo copieranno. Aggiornare i contenuti sarà tutto un altro paio di maniche.

Altri dati più recenti, e più inquietanti, da parte di Blodget li trovate qui.

--> 3. Biotelevisione

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