domenica 20 aprile 2014

MAD MEN: IT'S NOT A LOOKING GLASS, IT'S A CONVERSATION GLASS

Quando ho letto questo articolo di Sam Adams, si è aperta una ferita. Il titolo, Stop Trying to Solve "Mad Men". Just Stop, è al contempo arrogante e condiscendente; il contenuto dell'articolo che, come potete immaginare, catechizza qualsiasi genere di dietrologia, è meno condiscendente ma altrettanto arrogante e si conclude con la rivelazione di tutte le rivelazioni: se lasciamo che i dettagli ci ossessionino come ossessionerebbero un investigatore alla ricerca di indizi, stiamo guardando Mad Men nella maniera sbagliata e ci perdiamo il suo vero significato, sempre che sia possibile coglierlo. Insomma, non dovremmo chiederci se Megan morirà come Sharon Tate (una teoria che sgorga dalla pletora di riferimenti - presenti nello show - alla ex moglie di Polansky assassinata dai seguaci di Manson), perché nel momento in cui lo facciamo perdiamo di vista il vero significato. Di cosa non è chiaro; ma è vero, e è un significato.

Così, Sam Adams si è appena accorto di due cose: che le riviste online producono contenuti, cioè il nulla organizzato sintatticamente, e che gli spettatori si dilettano inventandosi teorie più o meno astute sui loro show preferiti. Il suo, naturalmente, è solo un altro contenuto, dell'altro nulla carico di forza gravitazionale, assemblato solo per attirare traffico.


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La cosa interessante dell'articolo, infatti, è tutto ciò che vi è omesso, tutto ciò che non c'è. Sam Adams, come si suol dire, predica bene e razzola male. Dice che è facile perdere di vista i "veri" significati di Mad Men, cioè che un certo tipo di interpretazione può contribuire a nascondere la bellezza di qualcosa invece di rivelarla, ma poi fa quella stessa cosa quando critica la teoria Megan/Tate o un'intervista di Slate a Geoffrey Gray (in tutta onestà abbastanza ridicola visto che l'intervistato non ha mai guardato Mad Men), autore di un libro su D.B. Cooper, il famoso dirottatore la cui identità non fu mai scoperta e che, finalmente, scopriremo essere Don!

Nel 1971 D.B. Cooper dirottò un aereo e, dopo aver intascato un riscatto di 200.000 dollari, si gettò col paracadute scomparendo per sempre. In quale modo la vita del protagonista di Mad Men sfocerebbe in quella dell'elusivo personaggio storico? La risposta è qui, se vi interessa, e per confutarla non serve molto: i personaggi di Mad Men partecipano liminarmente alla storia con la S maiuscola, sono comparse nella Storia, o meglio, spettatori della Storia quanto noi siamo spettatori dello show: è uno dei cardini della coerenza narrativa di Mad Men e non verrà mai scardinato. Lo sa il primo che ha inventato la teoria D.B. Cooper? Lo sanno quelli che leggono tale teoria e si dilettano? Sanno, per una ragione o per l'altra, che è una teoria — l'espressione ci sta — campata in aria? Importa che lo sappiano o no?


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Nella lunga tradizione di quelli che vorrebbero dirci come leggere, guardare, imparare, ecc., Sam Adams, invece di darci un esempio di lettura o interpretazione, ci prescrive la ricetta per non rimanere accecati di fronte a Mad Men. La sua conclusione è che tanto, probabilmente, non ci sono risposte dunque è inutile cercarle. Se, però, ci interessa sapere perché siamo tanto desiderosi di averne, Adams ci suggerisce di guardare agli anni '90 e alla moda del "mistero" negli show televisivi, a partire da Twin Peaks e The X-Files fino, ovviamente, a Lost. L'unico caso in cui Adams ammette sia lecito formulare ipotesi dietrologiche è quando uno show ci invita a farlo, come per esempio ha fatto il recente True Detective.

Ora, posto che ognuno vede in un'opera quello che vuole, la migliore risposta all'articolo di Sam Adams, è contenuta nell'articolo di questa settimana della serie Mad Style scritto da Tom e Lorenzo (da tempo una lettura fondamentale). Riporto i paragrafi iniziali:

Mad Men is a show that inspires an intense level of examination in its audience. We, of course, would be the last people to criticize anyone for that, but inevitably two different complaints about these essays arise every year. The first is that we’re thinking too hard and reading too much into it. We have no rebuttal to that except the standard one; the one that everyone hates to hear: There’s no reason for you to read something you don’t want to read. If you’re not into the kind of intense picking apart we do here, that’s perfectly fine. Run along. We’re pretty sure Buzzfeed has a listicle about the “Top Ten Trudy Campbell Lines” or “The Dogs of Mad Men” or something like that...
Second (and this is the really big one): It DOESN’T MATTER what showrunner Matthew Weiner or costumer Janie Bryant or any of the other creators of this show intended [neretto mio]. That’s not what these essays are about. A work of expression has to stand on its own apart from the intentions of its authors. There are times in these examinations that we’ll question whether something was intentional or not, but in the end, that’s not what we’re looking at here. We’re looking at what the piece does on its own; what motifs repeat, what bits of meaning arise from various style and color choices. Again, if you’re someone who doesn’t want to deal with any discussion of this show that doesn’t center around intent (which is how most reviews are written), then this is not going to be the discussion for you.


Il punto è che Sam Adams sembra ignorare il fatto che la televisione è un "testo producibile" non un "testo leggibile", che la televisione non ci costringe a accettare o rifiutare il testo tout court ma ci consente di sovrapporre il nostro personale testo in base alle competenze discorsive che già possediamo (vedi Tom e Lorenzo con la moda o Seitz con il cinema). Fra l'altro, cosa che aggrava la superficiale analisi di Adams, Matthew Weiner comprende benissimo la "producibilità" del testo televisivo e la potenzia costellando il suo show di riferimenti che hanno una doppia funzione: evocativa e esplicativa. La funzione esplicativa di un riferimento come quello a Sharon Tate di questa e della passata stagione è analoga p.e. a quella dei vari serial killer della quinta stagione: viviamo in un mondo violento e la violenza permea tutta la società. O, ancora, c'è una forza primordiale all'opera nelle azioni umane, specificamente in Don, che è regolata ma ogni tanto va fuori controllo, eccetera. Insomma, semplificando al massimo, molti dei riferimenti di Mad Men sono vagamente didascalici, o meglio, rappresentano una mappa dell'epoca (anche della nostra epoca) che ci permette di comprendere meglio i temi dello show o, p.e., l'autoreferenzialità di certi episodi. La funzione esplicativa di un riferimento ha cioè a che fare con l'intenzione dell'autore. Quella evocativa, invece, va al di là dell'intenzione, è un lavoro, per così dire, sull'impatto di un'opera e non sulla sua intenzione: è qualcosa che ci spinge verso la produzione di ulteriori testi a partire da quello iniziale, è un'interpretazione nel senso trascendentale del termine, qualcosa che proviene dal testo iniziale senza poterlo, o volerlo, più toccare, evocandolo a sua volta.


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Da un certo punto di vista, Mad Men assomiglia molto all'Ulisse di Joyce, il testo leggibile/scrivibile per eccellenza; un testo in cui sembra mancare l'anello di congiunzione della "producibilità", cioè un testo che andrebbe letto solo in un certo modo ma capace di ispirare un'infinità di testi ulteriori. Tuttavia, più uno entra nella complessità (e follia) filologica dell'Ulisse, più è chiaro che non è la lettera del testo che conta ma l'impatto del testo sulle competenze discorsive e culturali del lettore. E poiché l'Ulisse è un testo che più diventa difficile da leggere più diventa facile, è quando ci si abbandona al puro godimento della narrazione che la parola si schiude e tutto diventa facile, perché tutto è sempre stato lì, non era necessario guardare altrove per guardare altrove.

Mad Men, come l'Ulisse, è fatto di intenzioni che vanno al di là delle intenzioni, di intenzioni lanciate a una tale velocità che, a un certo punto, si liberano dall'intento iniziale. Potete chiamare questa forza inconscio, o subconscio, ma sarebbe un'altra intenzione, solo più profonda e più oscura. In realtà, qualsiasi opera smette di essere del suo autore nel momento in cui viene rilasciata al mondo e, anche se continua a essere l'opera di qualcuno, è di tutti. Possiamo partecipare o, come Sam Adams, leggere la Bibbia alla lettera. Ma quale lettera?

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