giovedì 24 aprile 2014

MAD MEN: LE NOSTRE FORTUNE SONO NEGLI OCCHI DEGLI ALTRI

Un atto divino, Pete, è così che capisci quando il mondo è contro. Le nostre fortune sono nelle mani degli altri e questo è il bello, dobbiamo solo riprendercele.

- Bonnie Whiteside


Ci sarebbe una fan fiction da scrivere: Sally Potter scopre che Dondemort ha nascosto pezzettini d'anima nei personaggi di Mad Men e, per sopravvivere all'adolescenza e magari salvare quello che un giorno scoprirà essere suo padre (Sally, I'm your father! dirà Don Vader), deve trovare tutti i pezzettini d'anima, non ultimo quello nascosto in lei stessa, e distruggerli (o accarezzarli). Come Harry Potter, Mad Men è una storia che parla della frammentazione dell'identità.

Diversamente da Mad Men, Harry Potter è una storia per bambini (o per adulti che vogliono tornare temporaneamente bambini) e l'identità a pezzi è descritta nella maniera più semplice e meno conturbante: Voldemort si insinua negli oggetti e in Harry Potter che, tanto, non può morire. La sua "invasione alienante" è al contempo uno stupro degli oggetti (tutti oggetti di desiderio e "del" desiderio) e uno stupro dell'identità: per vivere in eterno Voldemort trasferisce se stesso in cose che per loro natura sono trasmettitori di desiderio, anzi più precisamente transistor del desiderio. Involontariamente, trasferisce un frammento della sua anima anche in Harry Potter, la variabile organica che cambia l'equazione dell'immortalità: un oggetto non può scegliere di morire, può solo essere distrutto; un uomo può anche sacrificarsi.

In Mad Men, uno show per adulti o, almeno, per persone attente, il problema dell'identità è un po' più complesso perché, chiaramente, Sally Potter non può sacrificarsi per alcun lieto fine. Come dice a Don, c'è già un sacco di gente in lei e, al limite, potrà diventare solo una persona più compatta di suo padre, non meno divisa.

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Talvolta sono gli sconosciuti (gli Altri) a dirci qualcosa di vero. Forse pensano che la loro esperienza abbia a che fare con la nostra oppure indicano il frammento di loro stessi che vorrebbero vedessimo, quello in cui si identificano o quello tramite cui vorrebbero li identificassimo. La biondina californiana di Pete, che magari qualcuno guardando lo scorso episodio aveva scambiato per Betty o per Carolyn Burnham di American Beauty, dev'essere posseduta dallo spirito di Don perché non solo offre a Pete una soluzione draperesca, ma lo fa come avrebbe fatto Don, con uno spot per la reinvenzione: perdere tutto è solo un'altra occasione per risollevarsi.

Anche Peggy, ma già lo sapevamo, veicola Don, in particolare quando dice a Shirley di crescere, che è poi la stessa cosa che Don disse a Peggy in The Suitcase, e la stessa cosa che Sally dice a Don quando gli fa notare che mentire non è un problema ma essere scoperti è imperdonabile. Peggy e Sally, in fondo, sono molto simili, tanto che Sally, se non fosse identica a Betty, potrebbe essere la figlia mai avuta da Peggy o, in un'altra fan fiction (Guess Who's Coming to Donner), la nipote di Dawn.

Il che significa che essere figli (o segretarie) di Don è una condanna ma anche una benedizione, perché essere molti potrebbe essere l'unico modo per sopportare lo sguardo degli altri.

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Come si sarà sentito Don quando Sally riduce Sylvia Rosen a una nuvola di lacca vaporizzata? Come si sente Peggy quando Shirley le rivela il retroscena dei fiori, che poi è come dire che nessun mostro gotico la inseguirà per restituirle la scarpetta (a meno che il mostro non sia Michael Ginsberg con cappello "outdoor")? Come si sente Roger quando Lou ignora il suo gioviale razzismo? E come si sentirà Bert quando aprirà la porta e invece di Joan troverà Shirley, voglio dire Dawn?

Oppure Bert lo sa meglio di tutti: noi siamo negli occhi degli altri ed è ciò che mostriamo che conta, la nostra facciata non la nostra faccia.

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Ogni tanto faccia e facciata coincidono, come quando Shirley e Dawn si chiamano a nomi invertiti. E' un attimo nello show e, lo sappiamo, un attimo nella storia; è lo sguardo dei bianchi sui neri che i neri, hegeliani di turno, prendono e ribaltano, attraverso il quale si riconoscono: sì, siamo indistinguibili dunque uguali, pari, abbiamo la stessa dignità, siamo come voi. Capìsc?

Ma la domanda è un'altra: se, come disse John Lennon, la donna è il "negro" del mondo, la donna nera cos'è?

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Forse, per una donna (Joan Lennon?), una donna nera è prima di tutto una donna. Infatti, alla fine dell'episodio, Joan promuove Dawn e le cede il posto. Perché? Perché negli occhi di Lou Dawn non è la sua segretaria, perché negli occhi di Bert non può esistere una receptionist nera, perché negli occhi di Cutler Joan è un account, perché negli occhi di Joan Bert è probabilmente un vecchio cazzone...

Giratela come volete, ma le nostre fortune sono sempre negli occhi degli altri: non possiamo amare se nessuno vede quell'amore. Buon San Valentino a tutti.

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